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Verso una nuova normalità climatica

Anche in Italia la crisi idrica è diventa una nuova sfida. Per proteggere fiumi, laghi e torrenti dalla siccità è importante evitare sprechi d’acqua e gestire la risorsa in modo efficiente e sostenibile.

Sentiamo il dovere di condividere con voi i 20 consigli dell’ENEA contro lo spreco di acqua ed energia perché siamo tutti chiamati in causa per ridurre, il più velocemente possibile, i nostri consumi quotidiani.

Ci troviamo in una situazione che sembra fuori dal tempo ma che invece ci sta drammaticamente travolgendo con esiti ignoti.

La siccità che sta colpendo il nostro Paese dipende da diversi fattori: un costante deficit di piogge causato dal riscaldamento climatico, il degrado della rete idrica, l’insufficienza di invasi e loro incuria, tecniche d’irrigazione agricole inadeguate, ecc.

Paradossalmente l’Italia è ricca d’acqua ma povera di un sistema di gestione efficiente della risorsa. Così come sottolinea a La Repubblica l'esperto Erasmo D'Angelis, ex Segretario Generale dell’Autorità di bacino dell’Appennino centrale, saranno necessari importanti interventi infrastrutturali e gestionali: “Le nostre infrastrutture di stoccaggio sono in gran parte realizzate dall'800, le ultime dighe risalgono agli anni Sessanta, quando è stato fatto l'ultimo Sistema acque nazionale. Non viene fatta manutenzione, così le dighe si interrano e mentre nel 1971 si immagazzinava il 14% di tutta l'acqua di pioggia, oggi la percentuale è dell'11,3%. Non è più stato fatto nulla, l'acqua è uscita dal bilancio dello Stato, come dalle Regioni, perché dopo la legge Galli del 1994 la gestione di 600 mila km di rete idrica per acqua potabile nelle nostre case è stata affidata a tariffa. Poiché abbiamo le tariffe idriche più basse d'Europa, si risparmia sull'ammodernamento e sulla manutenzione, così abbiamo anche la maggiore percentuale di perdita, il 42%”.

Accanto alla trascuratezza e agli errori strategici dei “Sapiens”, il riscaldamento globale sta facendo la sua “sporca” parte: “In questo momento stiamo vivendo l'annata forse meno calda dei prossimi anni” – continua Erasmo D’Angelis – “Ormai da tempo la modellistica climatica mostra un aumento tra i 2 e i 4 gradi centigradi delle temperature in Italia. Sono anni che noi descriviamo gli impatti del clima sulla nostra penisola, un territorio che è come un pontile lanciato nel Mediterraneo, con tutte le problematiche che ne conseguono. Dagli anni Ottanta è mutata la distribuzione delle piogge, per cui i periodi di siccità sono progressivamente aumentati da 40 a circa 150 giorni all'anno, in particolare con una diminuzione della pioggia estiva che, ci dicono i modelli climatici, potrebbe ridursi ancora del 30%”.

Una previsione che fa tremare le vene e i polsi ma che a sentire Giacomo Parrinello, storico dell'ambiente e Assistant professor all'Istituto Sciences Po’ di Parigi, può e deve essere capovolta con buone pratiche di adattamento alle condizioni climatiche che abbiamo creato e con misure di mitigazione rilevanti che permettano di fermare l’innalzamento della temperatura a 1,5° C (attualmente siamo già a 1,1° C).

Nella sua intervista all’agenzia stampa DIRE Parrinello considera un miraggio: “far funzionare l'agricoltura e il settore energetico padano con le stesse quantità d'acqua che si usano nel 2022; non facciamo altro che cercare altra acqua, anche dove non ce n'è, senza mettere in discussione quanta ne utilizziamo. E' illusorio - prosegue Parrinello - perché, per quanti bacini si possano costruire, l'acqua disponibile si riduce e questa scarsità non farà altro che generare ulteriori conflitti, se non si mettono in discussione alla radice gli usi".

Secondo Erasmo D'Angelis, l’Italia è un Paese “nel quale il 20% dei prelievi di acque è destinato all'uso domestico, il 25% al settore industriale e il resto all'agricoltura. Siamo gli unici a lavare le strade, annaffiare i giardini e pulire i macchinari con l'acqua potabile. Per di più, in agricoltura gli sprechi sono enormi perché non c'è innovazione, si usano ancora i grandi irrigatori a spruzzo".

Insomma, gli scienziati sono concordi nell’affermare che per proteggere le nostre acque interne, minacciate dalle attività antropiche e dagli effetti del global warming, serva un cambio di mentalità radicale accompagnato da un’ampia programmazione pubblica di lungo periodo, un cambiamento comune e condiviso nell’uso della risorsa e nuovi stanziamenti oltre ai 4,4 miliardi previsti dal Piano di Ripresa e Resilienza (PNRR).